Il sol dell’avvenire (2023) è l’ultimo film di Nanni Moretti con Margherita Buy, Silvio Orlando e Mathieu Amalric.
Giovanni (Nanni Moretti) sta girando un film su una sezione del PCI nel 1956, guidata dal direttore dell’Unità Ennio (Silvio Orlando) insieme alla compagna Vera (Barbora Bobulova). In quei frangenti l’Ungheria viene invasa dall’Unione Sovietica e quindi il dilemma politico attanaglia l’anima di Ennio.
Ma questo è solo il film nel film; la storia principale, invece, è proprio quella del regista Giovanni che si trova in una crisi creativa in mezzo ad un rapporto conflittuale con gli attori e con la storia che sta girando. Un conflitto interno che poi si estende anche alla sfera privata: la moglie Paola (Margherita Buy) dopo tanti anni decide di lasciarlo, mentre la giovane figlia si fidanza con un uomo molto più anziano di lei.
Giovanni si ritrova così solo, insicuro e senza punti di riferimento fra una vita personale che sta improvvisamente e inaspettatamente deragliando, e una crisi creativa che investe il film che sta girando e in generale il suo rapporto col cinema.

Il sol dell’avvenire, innanzitutto, celebra il ritorno alla commedia di Moretti. Il film, infatti, prima di tutto vuole fare ridere – ed effettivamente fa ridere – come non succedeva da Aprile (1998). L’aspetto comico della pellicola funziona molto bene e diverse sequenze hanno il sapore della nota ironia morettiana che, negli ultimi due decenni, aveva lasciato spazio maggiormente al dramma interiore.
E’ un’ironia che, tra l’altro, non è rimaneggiata o riciclata, ma che si rinfresca e trae nuova linfa vitale dalla contingenza mescolandosi spesso in modo intelligente con alcune punte critiche molto ben assestate. Fra tutte la stoccata contro Netflix e il suo modo di concepire la produzione di un film: divertente, divertita, ma anche spietata e diretta proprio perché parodica.
Narrativamente, poi, il film funziona altrettanto bene. Sia il film nel film che l’arco narrativo principale si sviluppano diacronicamente senza intralciarsi, ma invece completandosi: entrambi si concludono singolarmente, ma si significano anche nel rapporto con l’altra storia con cui dialogano
E questo è uno dei meriti dell’ottima sceneggiatura, il vero punto di forza di questo film. Scenografia e costumi si assestano pure ad un ottimo livello, insieme a una fotografia luminosa dai contorni netti e da una colonna sonora di grandissimo impatto. In mezzo a delle composizioni originali che non lasciano il segno, si stagliano e spiccano le numerose canzoni non originali disseminate lungo la pellicola. De André, Battiato, Tenco, Aretha Franklin … tutti pezzi da novanta con cui è impossibile sbagliare e con i quali è impossibile non lasciarsi trasportare.
Dei brani che, tra le altre cose, sono altamente ballabili e allora non mancano diverse scene di sapore puramente morettiano in cui i personaggi si animano e si lasciano trasportare dalla musica, in uno spazio aperto o come al solito in un’automobile, dove uno scatenato Moretti prende vita sulle note di Think di Aretha Franklin.

Andando avanti, Il sol dell’avvenire è anche un film ultra-morettiano. In un certo senso l’operazione del regista romano è la stessa fatta da Tarantino con il suo C’era una volta a Hollywood: mettere insieme gli elementi tipici e cult della propria filmografia e farne un unico film. Un film che, a detta dello stesso regista, chiude un ciclo e prova a tenere tutto insieme.
Per questo motivo la pellicola è anche un grande regalo a tutti gli appassionati del cinema di Moretti che possono divertirsi a raccogliere tutte le citazioni dei suoi passati lavori: dai sabot (e quindi Bianca), al girovagare per Roma in monopattino (Caro Diario), alle vasche in piscina (Palombella rossa) fino alla coperta di Sogni d’oro – il film, infatti, si può leggere come un grande adattamento ai tempi moderni di quest’ultimo – e così via. Un’ auto-citazione evidente che diventa lampante nella scena finale in cui, come nel quadro Il quarto stato di Giovanni Pellizza da Volpedo, tutti i personaggi dei precedenti film morettiani marciano insieme al loro creatore, sorridente e con lo sguardo radioso vicino a loro.
Infine, si tratta anche di un film sul cinema e sulla crisi creativa di Moretti stesso, come era stato anche Aprile. Nanni si prende in giro, si mette a nudo, mostra tutte le sue debolezze e rivela al pubblico tutte le sue ispirazioni cinematografiche mettendole in fila una dopo l’altra. Il suo quindi è anche un grande omaggio all’arte cinematografica in generale e a quella che lo ha formato.
Il sol dell’avvenire, come si è potuto appurare, è un film quindi polisemico, che si presta a numerose letture e a piani d’interpretazione. E’ un film che vuole tenere insieme tante cose in modo ambizioso: spesso ci riesce e, infatti, è decisamente uno dei migliori film di Moretti degli ultimi anni.
Volendo essere critici è anche un film a tratti molto auto-referenziale che parla a una stretta cerchia di appassionati a cui volutamente strizza l’occhio. Tuttavia questa autoreferenzialità spesso viene superata dalla qualità di una sceneggiatura che sa tenere insieme tante suggestioni e restituirne un quando polifonico e intrattenente.
Insomma, se siete degli appassionati di Nanni Moretti amerete questo film. Ma, in ogni caso, Il sol dell’avvenire è un film che diverte, che non si risparmia una vena malinconica e che è una bellissima dichiarazione d’amore al cinema. Ci troverete tante cose, ma, di certo, ci troverete tutto Nanni Moretti.
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