Il deserto dei tartari (1976) è un film di Valerio Zurlini con Jacques Perrin, Giuliano Gemma, Vittorio Gassman, Max von Sydow, Jean-Louis Trintignant e Philippe Noiret.
Il film è tratto dal romanzo capolavoro di Dino Buzzati: un’autentica perla della letteratura (non solo italiana) che consigliamo ai nostri lettori. La storia è quella del giovane tenente Giovanni Drogo (Jacques Perrin) mandato alla Fortezza Bastiano, al confine dell’impero e completamente isolata da ogni tipo di socialità.
Nella fortezza, tra i tanti commilitoni di Drogo, ci sono il gentile e pacato capitano Ortiz (Max von Sydow), l’ambizioso e prepotente capitano Matis (Giuliano Gemma) e il disilluso e compassato generale Filimore (Vittorio Gassman).
La vita nella fortezza scorre uguale e persistente in un luogo dove il tempo è un’entità strana che si dilata ma anche scivola via dalla percezione di chi lo vive trascinandolo in vortice da cui è poi impossibile uscire. Chi passa tanti anni a Bastiano finisce per abituarsi a una temporalità fuori dal mondo, incapace di tornare in una socialità che ormai è cambiata e immemore di chi se n’è andato.

Chi sta a Bastiano, poi, vive in funzione dell’attacco dei fantomatici tartari, la popolazione limitrofa del nord. Ecco quindi che la vita del Giovanni Drogo diventa una vita vissuta per attendere il proprio appuntamento col destino: aspettare i tartari significa dare un senso alla propria esistenza e sperare che il proprio Destino arrivi finalmente a bussare alla porta.
Da qui il sottotitolo che abbiamo dedicato a questa pellicola; un titolo che avrebbe funzionato benissimo anche per il romanzo. E questa sovrapposizione è proprio uno dei meriti del film di Zurlini: riuscire a portare sullo schermo in modo veramente efficace le atmosfere cineree e impalpabili del romanzo di Buzzati.
Riuscire a restituire quel senso distorto e sospeso della temporalità era la sfida maggiore che si profilava nel passaggio da testo scritto a opera cinematografica. Eppure qui sta proprio il grande merito del film: nella cura con cui riesce a restituire la dimensione del tempo vissuto da Giovanni Drogo insieme a una scenografia – bellissimi gli esterni girati in Iran – spoglia e quasi, appunto, atemporale che rende alla perfezione l’idea dell’isolamento della Fortezza Bastiano.

In questo senso sono sublimi, come al solito, le musiche del maestro Ennio Morricone, oltre alle scelte molto azzeccate di un cast di altissimo livello. Ognuno spicca nel proprio ruolo incarnando sfumature diverse dell’animo umano: Perrin recita bene senza strafare, Gemma si esalta nella parte del maggiore spietato, mentre von Sydow e Gassman si muovono nelle linee della disillusione che spesso ha caratterizzato i loro personaggi.
E poi, appunto, c’è l’ottima regia di Valerio Zurlini che riesce a tenere tutte queste cose insieme – coordinare un cast di questo tipo non è affatto semplice! – riuscendo a creare una versione cinematografica che s’avvicina di molto al capolavoro di Buzzati.
Il deserto dei tartari si mette al servizio del romanzo, ne riconosce la grandezza e lo ossequia. E’ uno dei rari casi in cui la trasposizione funziona e consegna al meglio il messaggio di un romanzo restituendone tutte le caratteristiche essenziali.
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