Navalny (2022) è un documentario diretto da Daniel Roher, prodotto da HBO Max e CNN Films, vincitore del premio Oscar come miglior documentario.
Il film-documentario, come già è rivelato dal titolo, parla di Alexei Navalny, maggiore leader dell’opposizione in Russia a Vladimir Putin. In particolare il lavoro parla e investiga (è proprio il caso, infatti, di usare questo termine) sul famoso avvelenamento che Navalny ha subito il 20 agosto 2020.
In un volo da Tomsk a Mosca, Navalny si sente male e viene portato in ospedale a Osmk per quello che poi si è scoperto essere un avvelenamento attraverso l’agente nervino Novichok. A quel punto la famiglia chiede ripetutamente di poter portare Navalny in una struttura ospedaliera fuori dalla Russia; richiesta che viene accolta solo dopo tempo.
Il leader dell’opposizione russa, così, può essere trasferito a Berlino e lì essere curato con tutte le attenzioni del caso. Uscito da ogni pericolo, Navalny decide di rimanere a vivere per qualche tempo nella foresta nera con l’obiettivo di riabilitarsi completamente dal punto di vista fisico.

Nel frattempo, però, tramite un gruppo giornalistico investigativo, inizia anche a indagare sul suo avvelenamento. E il documentario segue con meticolosità proprio il racconto di queste indagini che – va sottolineato – hanno del clamoroso.
Navalny, infatti, non solo riesce a scoprire precisamente quali persone erano incaricate di avvelenarlo nel volo che avrebbe dovuto portarlo da Tomsk a Mosca, ma riesce anche a strappare una confessione sulla macchinazione stessa che incombeva sulla sua testa.
Senza rivelare gli interessanti e intriganti sviluppi della vicenda, saltiamo al momento finale della vicenda, sia storica che filmica. Dopo aver fatto rivelazioni scioccanti riguardo quello che è stato il suo avvelenamento, Navalny, con un atto di coraggio ed eroismo estremi, decide di tornare in Russia.
Il 17 gennaio 2021, non appena mette piede sul suolo russo viene arrestato con imprecisate motivazioni. Poco dopo verrà processato e condannato a 10 anni di prigione, in un processo che continua ad essere aggiornato aumentando i suoi capi d’imputazione.

Vedere Navalny è uno straordinario atto politico e civile per ogni amante del cinema e per ogni cittadino. Cinematograficamente non c’è molto da dire: è semplicemente un documentario ben realizzato e ben confezionato.
Ma in questo caso l’importanza del contenuto narrato supera ogni altra valutazione e si pone come la vera grande forza di questo lavoro. Una forza che è fortemente emotiva e che spinge lo spettatore continuamente a saperne di più e a reclamare giustizia e verità al termine di un percorso che sembra omettere e nascondere sempre di più queste due parole.
Il leader dell’opposizione russa si mostra come un uomo dai nervi saldissimi, dal grande fervore politico ma anche dalla grande lucidità analitica, oltre che un uomo dal grande senso dell’umorismo, soprattutto in condizioni dove non è affatto scontato riuscire a mantenere la forza di sorridere.
E’ uno di quei casi in cui è inutile spendere troppo inchiostro e lasciare veramente la parola alle immagini. Navalny si potrebbe definire un thriller perfettamente confezionato e realizzato: una di quelle trame in cui personaggio principale, villain e trama ad alta tensione si incastrano con grande maestria. Peccato che, in questo caso, di finzione non ci sia proprio nulla, ma si parla di vita vera.
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