Living Bill Nighy

“Living”, la penna raffinata di Ishiguro e l’eleganza di Bill Nighy

Living (2022) è un film diretto da Oliver Hermanus e scritto dal premio Nobel Kazuo Ishiguro. E’ un adattamento di Ikiru di Akira Kurosawa, a sua volta tratto da La morte di Ivan Il’ic, racconto del celebre scrittore russo Lev Tolstoj.

Mr. Williams è un burocrate meticoloso e ordinario che vive del rigore e del metodo delle proprie mansioni. Improvvisamente la sua intoccabile routine viene stravolta dalla notizia della sua malattia terminale. Questo evento inaspettato e ineludibile lo porta a rimettere in discussione i suoi rigidi principi e a cercare di vivere pienamente il tempo che gli resta.

Durante l’uscita del film, lo scrittore Kazuo Ishiguro ha confessato che voleva scrivere un adattamento in lingua inglese del film di Kurosawa da tempo, e che nel ruolo del protagonista fin dal primo momento aveva pensato a Bill Nighy.

Una sera, al rientro da una festa, Ishiguro si è trovato in macchina insieme all’attore britannico e gli ha proposto la cosa. Nighy, dopo aver visto il film giapponese che fino ad allora non aveva mai avuto occasione di vedere, si è detto entusiasta della cosa e così è nato Living.

Living Bill Nighy

La pellicola è un gioiellino: dalla delicatezza con cui sono trattati ogni singolo dialogo e inquadratura fino ai ritmi pacati e ovattati che portano lo spettatore dentro la Gran Bretagna degli anni Cinquanta.

Anche la regia è molto accorta nel ricreare la particolare sensazione di essere stati catapultati in quella precisa epoca storica attraverso l’uso di un montaggio ordinato e meticoloso che non prevede stacchi improvvisi e irruenti.

Poi, sopra a tutto questo, ci sono la nota eleganza e la bravura di Bill Nighy che sfodera una delle migliori prestazioni della carriera con la sua presenza empatica che prende vita sullo schermo attraverso una mimica e fisiognomica penetranti che da sempre lo contraddistinguono.

Il suo personaggio e la sua interpretazione veicolano un messaggio di speranza e di riscoperta ultima, ma non tardiva, della bellezza della vita – a differenza di quello che originariamente faceva Ivan Il’ic: ovvero soffrire dolori lancinanti e quindi morire in un letto imprecando contro il destino.

Living Bill Nighy

Mi chiedo se ti sei mai fermata, tornando a casa, a guardare dei bambini giocare. In strada o in un giardino. E quando arriva il momento le loro madri li chiamano e loro sono riluttanti. Loro sono contrari ed è come dovrebbero essere. Molto meglio dell’essere il bambino che si siede da solo in un angolo senza prendere parte, né felice, né infelice. Solamente aspettando che sua madre lo chiami. Ho iniziato ad aver paura che potrei finire come quel bambino”.

Un piccolo monologo che riassume tutto il senso di una pellicola il cui unico difetto, probabilmente, è proprio quello di dipendere fin troppo dalla presenza di Bill Nighy. Gli ultimi 20 minuti circa, infatti, perdono un po’ di vigore e di forza emotiva proprio per questo motivo. Un aspetto che, tuttavia, certifica ancora di più la qualità messa in gioco dal noto attore inglese.

Living, in ogni caso, si attesta come una pellicola raffinata che dà il suo meglio attraverso una sceneggiatura sapientemente scritta, un’ottima ricostruzione storica e una grande prova attoriale. Non sarà di certo un film che desta clamore, ma è un lavoro dalla fattura molto fine che merita di essere visto.

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