The Whale (2022) è l’ultimo film di Darren Aronofsky, adattamento cinematografico della pièce teatrale di Samuel D. Hunter, autore anche della sceneggiatura del film.
Charlie (Brendan Fraser) è un professore di inglese che tiene corsi di scrittura per una università telematica. Soffre di obesità e la malattia è talmente ad uno stadio avanzato che fatica a muoversi ed è costretto a rimanere completamente isolato nel suo appartamento dell’Idaho. Ad assisterlo c’è l’amica e infermiera Liz che si prende cura di lui nel tempo libero.
Prima di morire l’obiettivo di Charlie è uno soltanto: cercare di recuperare il rapporto con la figlia adolescente Ellie (Sadie Sink), abbandonata insieme alla madre quando aveva otto anni, dopo aver scoperto la propria omosessualità.

The Whale è senza dubbio un buon film, non senza alcuni difetti come tutta la recente produzione di Aronofsky. Innanzitutto è una pellicola dalla partitura costante: sono circa due ore di tensione drammatica pressoché ininterrotta e quasi mai abbassata o variata. E uno dei punti di forza della pellicola è proprio il fatto che, nonostante questa “monotonia” di situazioni e spazi – visto che tutto il film è girato all’interno di uno stesso ambiente tranne qualche piccolissimo momento – non annoia mai e non risultata mai pesante in quanto a ricezione narrativa.
Poi si può dire “pesante” per altri motivi, ma non in accezione negativa. Semplicemente per gli argomenti trattati (l’obesità, un fallimento famigliare, l’estremo tentativo di ritrovare una figlia e un senso nella propria vita, l’omosessualità e così via) il film lascia un peso importante da portare e sopportare sulle spalle dello spettatore.
Poi, non c’è un momento di spannung vera e propria – forse il finale – perché tutto il film in realtà è una grande spannung: la tensione non viene mai abbassata o allentata. E’ come se, soprattutto nel finale, si volesse portare inevitabilmente e irrimediabilmente lo spettatore a piangere.

Tra le altre cose, durante la visione, è difficile non notare la derivazione e l’origine teatrale di questo lavoro: il fatto che lo sceneggiatore sia il drammaturgo stesso non può che acuire questa sensazione. E, in effetti, una delle critiche più sensate da muovere a questo film è proprio il fatto che sembra molto più una rappresentazione teatrale che un film. Ovvero, la trasposizione cinematografica non sembra realmente giustificata.
Ma, dopo essere stati forse un po’ troppo critici, passiamo agli aspetti positivi. Su tutti la prova attoriale di Brendan Fraser: maestoso e straziante in un ruolo difficile e scomodo. E’ decisamente la prova del suo rilancio ed è decisamente una prova da Oscar. Molte brave nelle rispettive parti anche Sadie Sink e Hong Chau.
Interessante poi notare come una delle caratteristiche tipiche della filmografia di Aronofsky sia ancora una volta confermata, ovvero la tendenza a imprimere ai suoi lavori un forte sfondo biblico. Anche in questo caso la Bibbia è fortemente presente – attraverso la rielaborazione del Moby Dick di Melville – nel tentativo di conferire alla vicenda di Charlie un sovrasenso trascendente negato dal protagonista, ma che, nemmeno troppo sottotraccia, riaffiora nei momenti finali e conferisce maggiore spessore alla sua vicenda. Il mare, le ombre, la luce, la balena.
The Whale è quindi un film che merita di essere visto e che ha tante buone cose, una su tutte appunto uno straordinario Brendan Fraser. Ma è anche un film con dei limiti che, in ogni caso, non ostacolano in modo invasivo la bontà di una buona opera.
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