Fellini Casanova

“Il Casanova di Federico Fellini”: l’ossessione per il sesso d’un uomo solo e infelice in un film controverso

Il Casanova di Federico Fellini è un film 1976 diretto da Federico Fellini, come sottolinea anche il titolo stesso della pellicola.

Il regista romagnolo si mette alla prova col racconto della vita di una delle personalità più chiaroscurali dell’universo e della cultura italiana. Giacomo Casanova, infatti, troppo spesso è stato ridotto ad essere un semplice e vuoto donnaiolo e poco altro. La sua figura, invece, merita tutt’altro rilievo in quella che è la letteratura italiana.

Casanova è stato sì un uomo dedito ai piaceri della carne, ma intendendoli come esperienza lirica, come quasi rituale sacro. La seduzione, attraverso lunghi e interminabili banchetti, serviva per dilatare il piacere del corteggiamento e della conquista che poi andavano a sfociare nella camera da letto.

Ma il personaggio veneziano ha avuto nella sua vita anche numerose velleità letterarie di non trascurabile livello. La sua opera più importante è l’Historie de ma vie, ovvero il racconto autobiografico della propria esistenza. Infatti, l’anziano Casanova, quasi relegato in Boemia come bibliotecario del conte di Waldstein, ormai lontano dai fasti di un tempo, si accorge che la cosa più letteraria di cui può parlare è proprio la sua vita.

Da lì nasce l‘Historie de ma vie che si attesta senza dubbio come una delle opere più importanti e significative del Settecento italiano per la capacità di mescolare al suo interno numerosi generi letterari (racconto picaresco e ironia ariostesca su tutti) in modo coinvolgente e sapiente.

Casanova Fellini

Ecco, Federico Fellini parte da proprio qui, ma non aspettatevi di certo una fedele trasposizione dell’opera letteraria. Anzi, aspettatevi tutt’altro. Fellini, infatti, contrariamente a quanto abbiamo detto, ritrae il personaggio prendendo come punto di partenza proprio quello stereotipo di Casanova come uomo dipendente e ossessionato dalla pratica sessuale.

Perciò si può evincere come il Casanova felliniano sia già un personaggio che esce dalla storicità dell’uomo da cui prende ispirazione per diventare una statuina del regista riminese in tutto e per tutto. Una figura che vuole veicolare una precisa condizione sociale e antropologica.

Infatti, fin dalla scena iniziale Casanova, alias Donald Sutherland, si caratterizza per essere un esperto in pratiche sessuali preceduto dalla sua fama, che rispetto al sesso vive anche un’ingombrante dipendenza. Non è un caso che la storia con Henriette, quella che è stata la vera donna della vita casanoviana e verso la quale c’è stata anche una forte spinta spirituale, venga liquidata nella pellicola in appena 20 minuti.

Il film quindi non diventa altro che l’insieme di avventure e accadimenti – soprattutto sessuali – che costellano la vita del veneziano dall’età matura fino all’anzianità, in cui Casanova diventa un uomo sbeffeggiato e svilito dal ruolo che ricopre in una terra lontana e fredda come la Boemia.

Col passare dei minuti e quindi degli anni – per quanto riguarda il tempo della storia – il suo rapporto col sesso diventa sempre più ossessivo, svuotato, anaffettivo e performativo. Si riduce ad essere esclusivamente performance come dimostra anche la scena grottesca, e perciò felliniana, in cui viene il protagonista viene sfidato da un rozzo cocchiere romano in una sfida a colpi di bacino.

Il rapporto malato con la sessualità, col passare dei minuti, si qualifica anche come mancanza di affetto e di amore. Cose che Casanova prova a rimpiazzare con la carnalità, ma di cui sente sempre di più l’esigenza. La ricerca di una fonte d’affetto in una figura femminile diventa sempre più insistente e angosciante finché si arriva all’apoteosi in quello che è uno dei casi più evidenti di straniamento nel cinema felliniano: Casanova che piange e sfoga i suoi sentimenti dopo l’amplesso tra le braccia di una marionetta. E proprio queste scene sono le più spaesanti, ma anche le più strazianti perché mostrano tutta la solitudine e l’infelicità di un uomo.

E allora non si può non intendere il film come un’altra delle tappe cinematografiche in cui Fellini affronta il suo difficile e controverso rapporto con la figura femminile. Rapporto ancora indagato nel di poco successivo La città delle donne (1980).

Fellini Casanova

Cosa si può dire di quest’opera felliniana? I pareri a riguardo sono contrastanti e non univoci, ma secondo chi scrive non si tratta del miglior Fellini. Dietro alle solite ricorrenti tematiche del regista riminese e dietro i suoi tipici stilemi narrativi e visivi, si percepisce un senso dell’artefatto e del patinato che, in un certo senso, appesantiscono troppo la visione e rendono il tutto plastificato non riuscendo mai veramente a coinvolgere la sensibilità del pubblico come in altri capolavori. Un pubblico che a livello emozionale non riesce mai a sentirsi trascinato da questo film.

Ovviamente si parla sempre di Fellini e quindi i punti di forza non mancano. Dall’allestimento di numerose scene alla capacità di parlare di un uomo ossessionato dal sesso per quasi tre ore senza praticamente mai mostrare una scena neppure vagamente erotica, dai costumi eccezionali di Danilo Donati alle musiche di un altro grandissimo come Nino Rota.

Quello del Casanova è anche un Fellini che si sta muovendo verso quelle atmosfere cineree e desolate che caratterizzeranno la sua ultima produzione e che qui vengono mescolate a quelle atmosfere già pantagrueliche e caricaturali di Roma. Posto che quest’ultimo è lavoro di tutt’altra riuscita e tutt’altro valore.

Il Casanova di Federico Fellini, quindi, è un’opera complessa e non facilmente decifrabile con diversi pregi, ma anche diversi punti oscuri. Un film che pone lo spettatore davanti a quesiti forti e davanti all’alienazione di un uomo che, dietro alla patina superficiale, vive una sofferenza interiore lacerante.

In ogni caso resta un’opera da rivedere e continuare ad interrogare, perché non può dirsi conclusa o compresa a fondo dopo soltanto qualche visione.

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