Ridendo e scherzando Ettore Scola
,

“Ridendo e scherzando – ritratto di un regista all’italiana”: un omaggio a Ettore Scola

«Sto aspettando un mio collega regista… non so se conosce Ettore Scola. Quattro nomination all’Oscar, miglior regia a Cannes, tre César, sei David di Donatello, Nastri d’Argento così… li prendeva al volo. Ha mai proiettato un film di questo Scola?».  Parlando così con il bigliettaio del Cinema dei Piccoli[1], Pif (Pierfrancesco Diliberto) cerca di scaricare l’ansia prima di incontrare il maestro Ettore Scola.

Arrivato accompagnato dalla moglie Gigliola, il regista viene fatto accomodare nella sala del cinema, in prima fila, e Pif gli riserva tutte le cerimonie del caso – lo fa accomodare, lo aiuta a togliersi il cappotto, gli chiede se può chiamarlo “maestro” e non accetta di dargli del tu. Il suo senso di riverenza fa quasi tenerezza, ma lascia trasparire l’enorme stima che prova nei confronti di uno dei più grandi registi italiani.

Pif e Scola iniziano a vedere un contributo, non tanto per ripercorrere un viaggio nella filmografia di Scola, quanto per mettere a punto un ritratto a trecentosessanta gradi di un intellettuale e di un uomo di cinema che ha guardato al mondo e alla vita con pacata ironia. Infatti, l’itinerario che seguono non è propriamente sviluppato in senso cronologico: vengono mostrati video dello Scola di “oggi”, alternati allo Scola di altri periodi.  E questo ci permette di spaziare e seguire la sua costante ricerca di linguaggi sempre diversi da portare sul grande schermo.

Il contributo inizia facendo vedere uno spezzone di Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa? (1968): spezzone in cui parla di uomini “riservati, taciturni, impenetrabili… e anche un po’ stronzi”. E infatti, con l’ironia che lo contraddistingue, Scola si volta verso Pif e gli chiede «Cioè mi hai fatto venire qua per darmi dello stronzo?». Tutto questo per esprimere il concetto che, a Scola, le interviste non piacciono affatto – e questo si vedrà anche verso la fine di questa docu-intervista.

Ettore Scola ha iniziato la sua carriera da giovanissimo, ma non nel cinema. La sua carriera ha avuto inizio disegnando: vignette, con sotto una battuta, ma anche senza parole, sul Marc’Aurelio – bisettimanale molto importante in cui collaboravano nomi molto rilevanti, tra cui Federico Fellini.

Ha iniziato come “portatore di battute” per i grandi disegnatori (come Barbara, Attalo, De Seta), perché non pensavano loro alle battute: c’era una redazione di giovanotti, di gag-man, che pensavano alle battute e poi i disegnatori le illustravano secondo il loro stile. Poi ha iniziato a disegnare anche lui, e rimase disegnatore per un lungo periodo.

Il Marc’Aurelio è stato anche luogo d’incontro con i “prìncipi dell’umorismo” dell’epoca: Vittorio Metz e Marcello Marchesi, autori fissi di tutti i comici italiani.  Scola ci rivela di avergli fatto da “negro” (termine che oggi non si usa ovviamente più, ma che veniva usato per disprezzare il “collaboratore anonimo”), ovvero l’attuale ghostwriter. La prima volta in cui Metz rivelò che alcune battute erano opera di Scola fu per Totò Peppino e la malafemmina (1956) per la regia di Camillo Mastrocinque.

Negli anni Cinquanta, quindi, comincia a scrivere sceneggiature di commedie all’italiana, spesso in coppia con Ruggero Maccari – con cui ha scritto anche il primo film in cui potè mettere la propria firma come sceneggiatore: Due notti con Cleopatra (1954), diretto da Mario Mattoli. Ma ha scritto anche per Dino Risi e Antonio Pietrangeli.

Intanto il contributo va avanti. L’uso degli home-movies e delle foto di famiglia ci permette poi di avere uno spaccato della sua vita privata: la famiglia, il rapporto con la madre, il fidanzamento con Gigliola, il loro matrimonio, la nascita delle figlie, ma anche il rapporto con i suoi collaboratori e amici: Alberto Sordi – suo testimone di nozze -, Massimo Troisi e Vittorio Gassman.

«Io ero uno sceneggiatore abbastanza ben avviato, super pagato, facevo quattro-cinque sceneggiature l’anno, ero ricco. E invece ho abbracciato la povertà perché Vittorio (Gassman) mi ha obbligato a fare il mio primo film». E infatti, nel 1964 Scola esordisce come regista, con Se permette parliamo di donne (1964), ma il suo successo arriverà quattro anni dopo, proprio con Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?

I primi film, una trilogia di “cazzate” – per come li definiscono le autrici di questo ritratto di Ettore Scola – non vengono molto apprezzati dal pubblico e, per ammissione dello stesso regista, «appartengono più a quella commedia all’italiana che io criticavo, che a quella che volevo fare».

Ridendo e scherzando

Dramma della gelosia – tutti i particolari in cronaca (1970) ha fatto sicuramente da apripista al decennio più proficuo della sua carriera: anni in cui ha diretto film come C’eravamo tanto amati (1974), Brutti sporchi e cattivi (1976), Una giornata particolare (1977).

La commedia all’italiana, però, all’inizio venne criticata da tutti in Italia. Come ci dice Mario Monicelli, diventò poi un genere “di qualità” perché sui giornali di cinema francesi veniva acclamata a gran voce. 

«Con i miei film ho cercato sempre di rappresentare la realtà del mio Paese: i suoi problemi, le sue speranze, le sue delusioni, le sue miserie e le sue allegrie anche. Sempre attraverso le piccole vicende di individui che non sono eroi, non sono grandi personaggi della storia, non hanno eccezionali o particolari virtù, ma sono gente comune che vive i giorni della sua vita bene o male, con coraggio o con paura, con ansia o con ironia, esattamente come gli spettatori che li guardano». Da qui la scelta – o necessità forse – di raccontare anche le storie di “emarginati”: i meridionali emigrati, come in Trevico – Torino (1973), gli stranieri, come in Brutti sporchi e cattivi, gli omosessuali, come in Permette? Rocco Papaleo (1971) o in Una giornata particolare, e le persone affette da disturbi psichiatrici, come in Dramma della gelosia o in Gente di Roma (2003).

Sebbene ci abbia purtroppo lasciati qualche anno fa, i suoi film continuano ad essere contemporanei: Ettore Scola resta presente.

Di Ettore Scola si potrebbe parlare per giorni e giorni. Credo, però, che questo “autoracconto” lo faccia molto meglio di quanto possa fare io. Per cui, vi consiglio vivamente di recuperarlo perché… ridendo e scherzando, Ettore Scola ci ha davvero rubato il cuore![2]


[1] Cinema situato in Largo Marcello Mastroianni 15, a Roma.

[2] Da una citazione di Federico Pontiggia su “Il fatto Quotidiano”.

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un’icona per effettuare l’accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s…

Comments (

0

)

Blog su WordPress.com.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: