Bones and All (2022) è l’ultimo film di Luca Guadagnino con Timothée Chalamet, Taylor Russell e Mark Rylance.
La giovane Maren (Taylor Russell) è cannibale fin da quando è bambina. Arrivata ai 18 anni sembra che questo disturbo – o in qualsiasi altro modo si possa chiamare – l’abbia abbandonata, quando invece si ripresenta impetuosamente. Il padre, esasperato, vista la sua maggior età, decide di lasciarle vivere la sua vita. Così Marlen inizia il suo personale viaggio attraverso l’America.
Prima incontra un cannibale inquietante e pericoloso – prerogativa dei cannibali è la capacità di fiutarsi l’un l’altro – , il vecchio Sullivan (Mark Rylance), poi il giovane e bello Lee (Timothée Chalamet) che diventerà il suo compagno di viaggio e, in seguito, anche qualcosa di più.

Le cose da dire su questa pellicola sono tantissime. Partiamo dal titolo: “bones and all” è una locuzione che significa “fino all’osso” oppure “pasto completo” (inteso sempre fino all’osso) e si riferisce, macabramente in questo caso, allo spolpare la carne fino all’osso nell’atto del mangiare.
Qui si affaccia incisivamente l’anima horror di questo film: le scene di cannibalismo, infatti, sono nette, crude e senza alcuna omissione (si consiglia un pasto leggero, e non completo, prima della visione del film … sic!). Guadagnino sa come fare bene un horror: ci sono i momenti splatter, quelli jumpscare e la creazione di una tensione grazie all’uso della colonna sonora che in alcuni frangenti inquieta non poco lo spettatore (vedere a proposito, la scena sul lago con Jake, un inquietante Michael Stuhlbarg che in pochi minuti buca lo schermo con la sua risata isterica).
Ma Guadagnino sa fare molto bene, anzi benissimo, il romance: e allora, in mezzo a tutto l’orrore, la storia d’amore tra Maren e Lee è tenera e coinvolgente. Guardando il film lo spettatore è portato a chiedersi come può provare compartecipazione emotiva per due cannibali dopo quello che ha visto nei minuti precedenti. Eppure prova empatia ed è portato a pensare che i protagonisti sono solo due ragazzi sfortunati che sono nati con una malattia terribile e che, nella sventura e nell’abisso umano più profondo, sono riusciti a trovare anche lo spiraglio dell’amore.
Si insiste, infatti, proprio in questa direzione: a chi è toccata questa orribile sorte le uniche soluzioni sono il suicidio o assecondare la propria natura. Un destino senza risoluzione in cui solo l’insperato arrivo dell’amore può cambiare le cose e dare loro una piega diversa.
Proprio in questo senso, le scene in cui sboccia l’amore tra i due protagonisti non possono non ricordare certe sequenze precise di Chiamami col tuo nome. L’angolazione delle riprese, il gioco di sguardi, i ritmi dei movimenti e, perché no, anche la presenza di Chalamet: sono tutti elementi che fanno decisamente tornare in mente il film che ha lanciato Guadagnino nel panorama internazionale.

Ma, probabilmente, l’anima più grande del film non risiedede né nell’horror né nel romance. A ben vedere, infatti, Bones and All sembra decisamente un road movie: un viaggio attraverso gli stati americani che strizza l’occhio ad alcuni capolavori del cinema americano come Easy Rider (come non pensare a quell’iconico film quando sullo schermo scorrono stati americani, paesaggi sconfinati e musiche di repertorio…). Quello di Maren e Lee è quindi anche un viaggio per conoscere sé stessi e un viaggio che sa di Libertà come la New Hollywood ha ben insegnato.
A questo punto sembrerebbe che Bones and All sia un film perfetto, senza macchia. Non è così. I difetti ci sono e sono tanti. In particolare una sceneggiatura che soprattutto nella seconda parte del film cala drasticamente di brillantezza e di incisività: alcuni dialoghi rompono completamente il principio di realtà e sono talmente inverosimili – anche per il contrasto dissonante creato tra romance e horror – da creare comicità agli occhi dello spettatore.
Poi sulla regia c’è poco da dire: Guadagnino è un grande regista e questo film lo conferma. Molto apprezzabile anche il fatto che abbia voluto rischiare non poco scegliendo di realizzare una pellicola di questo tipo mettendo la sua impronta chiarissima in tutto, ma anche sperimentando e cercando di fare qualcosa di diverso.
Tra le prove attoriali spicca quella di Mark Rylance la cui bravura è cosa ormai conosciuta: totalmente inquietante in questa parte. Tyler Russell è ben calata nel ruolo della protagonista e si fa conoscere al grande pubblico; Chalamet conferma la sua bravura, senza particolari picchi né discese.
Bones and All è quindi un film che mette alla prova lo spettatore e lo sfida costantemente – cos’è una sfida se non quella di cercare di far provare empatia verso un cannibale? Ed è anche un film ben confezionato e diretto, al netto di alcune cose che non funzionano (tra queste, forse, anche il finale: estremo per quanto scontato). Tuttavia è un film da vedere; se non altro per l’originalità e la qualità di numerosi frangenti.
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