Midsommar Aster

“Midsommar”: l’inquietante senso estetico di Aster

Midsommar è un film del 2019 diretto da Ari Aster e prodotto da A24. E’ considerato uno dei migliori film horror d’autore degli ultimi anni e, in effetti, lo è.

Dani (Florence Pugh) subisce un grave lutto famigliare e vive un vero e proprio crollo emotivo. Tutto quello che gli rimane è il fidanzato Christian, a cui è legata in modo morboso, e il suo gruppo di amici. Uno di questi è Pelle, ragazzo di origine svedese, che propone a tutti di accompagnare gli amici nella sua terra natia per trascorrere una settimana nel luogo dove è cresciuto, ovvero una comune che vive secondo antiche tradizioni e antichi riti.

Tutto il gruppo dapprincipio è molto entusiasta dell’esperienza ritrovandosi in un luogo purissimo del nord della Svezia, ma, ben presto, le abitudini della comune in cui si ritrovano prendono pieghe grottesche e inquietanti che risucchiano e minacciano sempre meno velatamente la sanità mentale prima e poi la vita dei protagonisti.

Prima abbiamo parlato di horror. Il film, a conti fatti, lo è, anche se in modo particolare: non è un jumpscare, ovvero uno di quegli horror che ti fanno balzare sulla sedia, per capirci. Bensì è un horror per la capacità di entrare nella mente dello spettatore e di trasmettergli un senso continuo e acuto di disagio e inquietudine – questo anche grazie a una colonna sonora di grande impatto che accompagna benissimo le sequenze della pellicola.

L’altro effetto horror viene dal fatto che Aster non risparmia nulla del grottesco e del macabro allo spettatore: i sacrifici umani, le pratiche orgiastiche e tutti i riti sono mostrati senza omissioni anche per rendere visibile quanto siano accettati e consapevolmente abbracciati dalla comune che li pratica. Confermando così il fatto che il luogo in cui ci svolge il film è uno degli abissi in cui può sprofondare l’animo umano. Un mondo di tenebre e oscurità ricoperto in superficie da una patina estetizzante e illusoria.

Il regista statunitense ha il merito di riuscire a mantenere alta l’attenzione e la curiosità del pubblico per tutti i 148 minuti di visione. Certo, data la lunghezza, non manca qualche momento che può risultare noioso, ma l’impressione dura solo qualche secondo, giusto il tempo perché la tensione risalga e l’inquietudine ricatturi l’atmosfera.

La bravura di Aster si vede soprattutto nel senso estetico – visto che la sceneggiatura qualche piccola falla la contiene: per esempio non si comprende quale sia la reale utilità del prologo. Alcune realizzazioni scenografiche e la composizione di certi quadri sono davvero notevoli per il senso geometrico che possiedono.

Inoltre, a fare un po’ da collante al tutto c’è, tra le altre cose, la straordinaria bravura di Florence Pugh che, anche dopo la recente ottima prova in Don’t Worry Darling, si attesta decisamente come una delle migliori attrici delle nuove generazioni. Impressionante la forza emotiva che riesce a trasporre sullo schermo.

Midsommar, se non si fosse capito, si attesta quindi come un prodotto davvero interessante e dalla forte personalità. Aster, al suo secondo lungometraggio, conferma di essere un regista dallo sguardo molto personale e incisivo la cui parabola sarà interessante appurare già dai prossimi lavori.

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Comments (

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  1. “Beau ha paura”, uno smarrimento visionario e perturbante – SOLARIS

    […] casa di produzione A24 le attese e le aspettative erano altissime dopo gli ottimi Hereditary e Midsommar. In parte sono state confermate, in parte […]

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