Stranger Things 4

Stranger Things 4: forzatura o preludio perfetto dell’epilogo?

Stranger Things è una serie TV fantascientifica, prodotta da Netflix, con la regia dei fratelli Duffer, che segue le vicende di quattro piccoli nerd, che si ritrovano coinvolti in una serie di eventi paranormali ai limiti del verosimile che sconvolgono la tranquilla e sicura cittadina di Hawkins, in Indiana.

In questa quarta stagione ritroviamo i nostri piccoli protagonisti, ormai adolescenti, divisi tra Hawkins e la cittadina di Lenora Hills in California, dove i Byers (Winona Ryder, Noah Schnapp, Charlie Heaton), insieme a Jane (Millie Bobby Brown), si erano trasferiti alla fine della terza stagione.

Stranger Things

Si sviluppano inizialmente quattro trame parallele, in quattro rispettive location diverse: la prigione Russa in cui è prigioniero Hopper (David Harbour) – che credevamo di aver perduto -, il nuovo laboratorio del ricomparso Dottor Brenner (Matthew Modine), la California e Hawkins, che non è più la stessa. Tutte andranno a convergere nella battaglia finale contro Vecna (Jamie Campbell Bower), il nuovo nemico, forse il peggiore tra tutti, insieme alle scioccanti rivelazioni sul Sottosopra.

Questi ultimi dieci episodi possono essere considerati una stagione ponte che chiarifica alcuni elementi. A primo acchito sembra forzata – quella che può sembrare la classica stagione pensata per allungare il brodo a fini commerciali -, ma nel corso degli episodi e soprattutto nell’ultimo (dalla durata di due ore) si pongono degli ottimi presupposti per un attesissimo seguito.

È l’inizio della fine; Hawkins è completamente distrutta, catapultata in uno scenario post-apocalittico. Toccherà ancora una volta ai giovani eroi il compito di ricostruirla, per ripristinare l’ordine naturale delle cose.

Stranger Things 4

In questa nuova porzione della storia, oltre ad essere forse la stagione più dark delle quattro (le morti sono infatti crude e niente viene risparmiato allo spettatore), quasi ai limiti dell’horror-splatter, si avverte anche una netta e alquanto pericolosa posizione antisovietica.

I personaggi sono impeccabili come sempre; adolescenti in piena crisi ormonale, ognuno alle prese con i propri drammi personali tipici di quella fase della vita così delicata. In tutto questo, però, il valore dell’amicizia rimane un focus importante.

Spicca, tra gli altri, uno Steve (Joe Keery) diverso: maturo, gentile e disposto a sacrificarsi per i suoi compagni d’avventura. Ma è la new entry Eddie (Joseph Quinn), personaggio che ha fatto impazzire i fan della serie, che mette in rilievo un aspetto particolare sul quale riflettere: ovvero come appartenere a un club poco popolare, avere i capelli lunghi e ascoltare un determinato tipo di musica possono diventare etichette per trasformarti nel perfetto capro espiatorio.

Non c’è cosa peggiore del giudizio di una comunità intera che si autoalimenta, nella pigrizia di non sforzarsi a cercare altre spiegazioni accontentandosi di quelle più plausibili e che forse fanno meno paura.

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