Gli Anelli del Potere è una serie TV di dieci puntate prodotta da Amazon Studios, su adattamento dei racconti tolkieniani relativi alla trilogia del Signore Degli Anelli, con la regia di Wayne Hip, J.A. Bayona e Charlotte Brändström.
Si tratta di una sorta di prequel del prequel in quanto, a essere narrati, sono gli eventi che precedono la forgiatura degli anelli e l’ascesa al potere di Sauron.
Partiamo dalla trama. Inizialmente sembrano svilupparsene tre parallele, apparentemente senza nessun punto di collegamento l’una con l’altra. Una segue le vicende di una ancora giovanissima Galadriel (Morryd Clark), che combatte a capo della sua armata di elfi un male che non riesce a scovare; un’altra riguarda la comunità nomade dei pelopiedi, antichi antenati degli hobbit che vivono nascosti nella natura; la terza infine è incentrata sulla comunità degli uomini.

Insomma la carne sul fuoco c’è eccome, solo che lo spropositato budget ha privilegiato quasi esclusivamente l’aspetto visivo rispetto alla sceneggiatura; difatti, fotografia, montaggio e dettagli visivi sono minuziosi e fatti a regola d’arte. Ma il poco spessore drammaturgico e i dialoghi poveri di contenuto, si traducono in puntate noiose in cui non succede assolutamente nulla e non si capisce dove si voglia andare a parare.
Il tutto disseminato di dettagli inutili al fine narrativo, come il ridicolo siparietto comico e alquanto imbarazzante tra Elrond (Robert Aramayo) e Durin (Owain Arthur).
I personaggi, poi, sono trattati superficialmente; nessuno sembra fare un reale percorso di crescita psicologica, se non la piccola pelopiedi Nori (Markella Kavenagh), che intraprende un viaggio alla ricerca di se stessa, insieme ad un gigante caduto dalle stelle (Daniel Weyman), che si rivela essere alla fine Gandalf (a questo proposito occorre fare un’ulteriore precisazione rispetto alle tempistiche: la comparsa dello stregone, secondo i libri, dovrebbe collocarsi in un tempo della storia decisamente posteriore).

Contrariamente Galadriel, protagonista indiscussa della serie, sembra essere a tratti soltanto una ragazzina viziata, rancorosa e anche un po’ ingenua, dato che non si accorge nemmeno di essersi fidata e quasi innamorata del giovane fabbro Halbrand (Charlie Vickers), figura ambigua fin dall’inizio della serie e che nell’ultimo episodio si scopre essere Sauron.
Per non parlare dell’abuso del politically correct, che si evidenzia nella scelta di usare un attore di colore per impersonare l’elfo Arondir (Ismael Cruz Cordova). Molto banalmente nell’immaginario dello scrittore e non solo, gli elfi sono identificati per la carnagione profondamente candida. E quindi non tutto deve essere ricondotto sempre a una questione di “razza”.
Insomma, Gli anelli del potere si rivela essere un’accozzaglia di roba che non rende minimamente merito ai precedenti capolavori di Peter Jackson. In ogni caso gli ultimi due episodi, insieme a una chiarificazione di quella che vuole essere la strada percorsa dalla serie, presuppone già quella che sarà la presenza di una seconda stagione.
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