Amsterdam è l’ultimo atteso film di David O. Russell dopo un silenzio che durava da Joy (2016). Un lavoro quindi attorno a cui si sono create tante attese anche in virtù del cast infinito e stellare che lo compone: Christian Bale, Margot Robbie, John David Washington, Rami Malek, Anya Taylor-Joy, Michael Shannon, Mike Myers e Robert De Niro.
Protagonista della storia – ambientata nella prima metà del Novecento dopo la Prima Guerra Mondiale – è Burt Berendsen (Christian Bale), un medico dalla personalità lunatica e stravagante con un occhio di vetro che si ritrova al centro di un crimine e di un intrigo internazionale insieme all’amico avvocato Harold (John David Washington). I due hanno combattuto insieme durante il conflitto mondiale; entrambi feriti hanno trovato aiuto dall’infermiera Valerie (Margot Robbie) con cui poi è nata un’intensa e unica amicizia che li ha legati indissolubilmente. Un’amicizia che si è sviluppata ad Amsterdam per poi dissolversi al rientro in patria.

Il crimine in cui sono coinvolti Burt e Harold, tuttavia, vede riformarsi in modo imprevisto il terzetto che cercherà di risolvere e sgominare l’intrigo in cui sono capitati che minaccia di sovvertire gli equilibri politici americani.
David O. Russell con questo film vuole decisamente fare qualcosa di diverso, uscendo dal realismo che ha caratterizzato le sue passate pellicole. Dentro Amsterdam unisce insieme tanti generi cinematografici diversi: dal crime thriller alla screwball comedy, dal film di matrice storica a quello sull’amicizia. Il risultato non sembra particolarmente riuscito, a essere onesti: spesso il film incespica, non riesce a legare insieme tutte le sue anime e quindi risulta essere un collage un po’ forzato e, a volte, appesantito.
Il regista statunitense ha sempre brillato per l’impeccabile efficacia e linearità delle sue sceneggiature; in questo caso, queste componenti mancano e proprio la sceneggiatura sembra non riuscire a reggere la complessa struttura che è presente dietro l’idea del film. Alcuni momenti di visione si rivelano essere particolarmente lenti e vuoti appesantendo il tutto e rendendo poco fluida la coesione tra le varie parti – due esempi sono il flashback iniziale che interrompe il flusso narrativo e la parte centrale del film in cui l’indagine dei protagonisti sembra un po’ girare su sé stessa.

Proprio la trama crime che era iniziata con i migliori auspici si incaglia col passare dei minuti assumendo tratti di inverosimiglianza e perdendo quel mordente che avrebbe dovuto avere. A funzionare meglio, tra le tanti componenti, è quella legata alla commedia. Non demerita anche il film nel film sull’amicizia dei tre protagonisti. Anche se, a ben vedere, la trama crime è quella che avrebbe dovuto essere lo scheletro di tutto il resto: quindi se quella viene meno, anche gli altri aspetti risultano pericolanti.
Oltre a tutto ciò, emergono una fotografia di grande impatto (sempre ottimo il lavoro di Emmanuel Lubezki), e dei bei costumi insieme alle impattanti scenografie vintage. Tra le prove attoriali spicca su tutte le altre quella di Christian Bale: è lui il motore trainante della pellicola e spesso è sempre lui che col suo istrionismo e la sua grande presenza scenica mantiene alto il livello generale. Insomma, un’altra grande prova di come sia uno dei migliori attori in circolazione.
Tuttavia, Amsterdam rimane un esperimento molto ambizioso, ma non riuscito. Un minestrone complesso e variegato che non riesce a esprimere tutte le sue potenzialità, rimanendo quindi incompleto. Una visione che, quindi, per attese e aspettative rimane inevitabilmente deludente.
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