Aguirre furore di Dio Herzog

“Aguirre, furore di Dio”: il viaggio nella follia umana

Aguirre, furore di Dio è un film del 1972 di Werner Herzog e uno dei pilastri dell’intera storia del cinema. Un film quasi diventato cult nell’immaginario degli appassionati della settima arte.

La pellicola, girata in 35mm, è ambientata nel sedicesimo secolo al tempo delle conquiste ed esplorazioni spagnole in Sudamerica. Nello specifico, una spedizione guidata da Pizarro ha come obiettivo quello di trovare la famosa El Dorado, ma si trova a un punto morto. Il comandante decide di formare un piccolo gruppo che ha il compito di andare in avanscoperta per cercare viveri o popolazioni vicine. In questo piccolo gruppo c’è anche il misterioso e burbero Aguirre (Klaus Kinski).

Questa spedizione subisce l’ammutinamento di Aguirre che ammalia i soldati con mirabolanti promesse e ambizioni, assurgendo quasi a figura divina e sconfessando quindi la Corona spagnola. Quello della compagnia diventa quindi un viaggio infinito e illusorio lungo il corso dell’ipnotico e silenzioso Rio delle Amazzoni. Un viaggio inevitabilmente diretto verso la follia e verso la morte.

Il film, infatti, altro non è che un lento e inesorabile viaggio verso il Nulla; un viaggio in barca quasi misterico che ha evidentemente inspirato Francis Ford Coppola per il suo Apocalypse Now. Anche se in quel caso, effettivamente, c’è un punto d’arrivo; cosa che non si palesa nel film di Herzog.

Tutta l’atmosfera della pellicola viene scandita dagli umori di Aguirre. Una figura violenta (non solo nelle parole, ma soprattutto negli sguardi e nelle attitudini), tormentata, assetata di potere e, in una parola, folle. Allora, lentamente, tutti gli altri personaggi scompaiono dalla scena o letteralmente muoiono, finché il palcoscenico (ovvero la zattera su cui avviene la discesa lungo il fiume) non rimane che suo, per il suo personale delirio.

Emblematica in questo senso è la scena finale: tutti quelli che sono rimasti sono distesi sulla zattera morti o sul punto di morire per mancanza di viveri. Rimane solo lui in piedi che grida, fantastica su un regno puro e ricco in cui potrà fare proliferare la sua stirpe e in cui potrà modellare una società a suo piacimento.

Un finale che è stato anche difficoltoso da creare per come lo voleva e intendeva Herzog. Sappiamo, infatti, quanto era difficile lavorare con una personalità scomoda e, a suo modo, folle come quella di Kinski: il regista tedesco, di fatto, è l’unico che è riuscito a farlo con continuità. Kinski voleva un finale in cui il suo personaggio urlava e sbraitava: Herzog glielo ha lasciato fare per un’ora e mezza, poi, una volta stanco, ha ripreso quello che è effettivamente il finale del film. Così ha raccontato il regista tedesco insieme ai tanti altri aneddoti singolari che hanno caratterizzato la sua collaborazione con Kinski.

In cambio di questa fatica, però, Kinski realizza una prova attoriale strepitosa nel suo essere totalmente fuori dal mondo, dal tempo e dallo spazio incarnando un personaggio unico. I suoi sguardi (compreso quello straordinario in camera che rompe la quarta parete) sono di una potenza espressiva inaudita così come la violenza di alcuni suoi scatti d’ira. Aguirre non è altro che una delle variazioni di un personaggio che Kinski e Herzog riproporranno in più pellicole e in contesti diversi (un altro esempio è il celebre Fitzcarraldo).

La bravura di Herzog nel realizzare questo capolavoro sta nella capacità di creare – spesso con la sua macchina da presa a mano – un’atmosfera pesante, pungente e, soprattutto, ipnotica. Sappiamo come questo aggettivo sia ricorrente e tipico per tutti i lavori del cineasta tedesco; lo abbiamo già usato diffusamente anche per Cuore di vetro.

E allora ancora una volta finzione e documentario si confondono grazie a quel fortissimo senso dell’immagine che Herzog possiede. Il risultato è una pellicola che ti porta inevitabilmente in una dimensione Altra in cui Bene e Male si uniscono e si perdono indissolubilmente dando luogo a una realtà distorta e contorta come la mente del personaggio che l’ha creata.

Tanti motivi, insieme a molti altri, che fanno di Aguirre, furore di Dio un lavoro da vedere e rivedere.

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un’icona per effettuare l’accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s…

Comments (

1

)

  1. “Godland”: un viaggio esistenziale nella selvaggia natura islandese – SOLARIS

    […] La scelta di girare la pellicola in quattro terzi si rivela così estremamente vincente. Senza dubbio, quindi, si può dire che il pregio maggiore di questa opera sia nella qualità delle riprese effettuate insieme alle scelte registiche che portano il pubblico completamente dentro un preciso ambiente. In questo senso non si può non ravvisare la somiglianza col cinema documentaristico di Werner Herzog e in particolare con quel viaggio selvaggio dentro la psiche umana che è Aguirre, furore di Dio. […]

    "Mi piace"

Blog su WordPress.com.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: