Holy Motors è un film del 2012 di Leos Carax, presentato al Festival di Cannes nello stesso anno. Un film surreale, dal fortissimo impatto visivo che sconvolge lo sguardo dello spettatore facendolo smarrire in un universo visionario.
I 115 minuti di pellicola raccontano l’intera giornata di Oscar (Denis Lavant), che viaggia all’interno di una limousine in mezzo a Parigi cambiando continuamente aspetto e travestimento. Col passare dei minuti lo spettatore comprende che Oscar è un tipo di “attore su commissione” che si confonde in mezzo alla gente svolgendo parti e ruoli programmate per un certo pubblico sofisticato che vuole vedere esperienze estreme.
Oscar è una vecchia mendicante, uno spietato assassino, un rigido padre di famiglia, un essere deforme e mostruoso (detto Monsieur Merde, personaggio già creato e utilizzato da Carax per il corto omonimo che fa parte del film a episodi Tokyo!) che è mosso da pulsioni esclusivamente animalesche, un rigido padre di famiglia, un anziano benestante in fin di vita e così via. Il suo è un lavoro assurdo ed estenuante sia dal punto di vista che mentale: nell’arco di 24 ore è costretto a viaggiare sulla stessa auto in cui cambia continuamente travestimento sdoppiandosi tra personalità multiple. Le scene che deve interpretare spesso avvengono con altri attori dello stesso genere facendo comprendere al pubblico come ci siano diversi uomini e donne che fanno lo stesso mestiere.

Fin dai primi minuti Carax trasporta lo spettatore in questo universo stravolto e surreale in cui si rimane sia schiacciati che, in un certo senso, affascinati. E’ stupefacente vedere l’apatica e professionale capacità con cui il protagonista riesce a trasformarsi e ad essere completamente mille persone ognuna più folle dell’altra. Ad un certo punto il senso di profondo straniamento iniziale viene superato e allora non ci si sente più a disagio nei luoghi oscuri e assurdi che frequenta Oscar; anche lo spettatore inizia a sguazzarci dentro in una sorta di strana empatia.
E la bravura recitativa del protagonista è tale che diventa quasi impossibile distinguere, al di fuori della limousine, quello che è finzione da quello che è realtà. Carax conduce lo spettatore in una realtà che è solo rappresentazione o che fonde talmente le due cose da renderle un miscuglio indistinguibile.
La forza incredibile di questo film è la sceneggiatura e prima di essa il soggetto; quindi, andando a ritroso, la sconfinata immaginazione di Leos Carax, capace di creare idee e sequenze per i più inimmaginabili. Il suo talento sta proprio nel riuscire a scrivere una sceneggiatura intensa che riesce a seguire i contorcimenti della sua mente. Lo fa adottando spesso la soluzione del piano-sequenza oppure insistendo sui primi piani, soprattutto quelli del protagonista, in modo da fare familiarizzare il pubblico con tutti i vari travestimenti.

Molto interessante anche la fotografia oscura e intensa con un forte contrasto tra luce e ombre che evidenzia anche la divisione fra le due metà del film. La prova attoriale di Lavant è di altissimo livello; da sottolineare anche i cammei di Eva Mendes, Michel Piccoli e Kylie Minogue. Di particolare impatto estetico è la scena in cui compaiono insieme Monsieur Merde e Eva Mendes, dove quest’ultima passa da essere vestita con una sorta di burka improvvisato per poi assumere le sembianze della Madonna in una sorta di Pietà grottesca e blasfema.
Se non si fosse capito Holy Motors è una delle opere più autoriali dell’ultimo decennio, merito di una mente visionaria e folle come quella di Carax. Non è un film di semplice visione, ma è un’esperienza visiva di grande impatto e originalità che merita di essere valorizzata.
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