Eraserhead Lynch

“Eraserhead”: l’esordio che è manifesto di David Lynch

Eraserhead” (1977) è il primo lungometraggio dell’iconico regista statunitense David Lynch. Il film arriva dopo una travagliata vita realizzativa che lo ha visto ingarbugliarsi più volte per problemi economici (difficile, difficilissimo era allora trovare i fondi per un’idea di questo tipo) e che ha visto la luce solo 5 anni dopo l’inizio effettivo delle riprese.

La storia raccontata è quella di Henry, un ragazzo problematico che vive in un appartamento anonimo di una città industriale. Inaspettatamente viene invitato a cena dalla famiglia della sua ex fidanzata, ma l’invito, fin da subito, assume tratti surreali e grotteschi con un forte senso di disagio percepito dal protagonista e, di conseguenza dallo spettatore.

Lo scopo dell’invito era mettere all’angolo Henry per chiedergli se avesse avuto una relazione sessuale con la ragazza. Poco dopo si scopre che quest’ultima è effettivamente incinta e quindi si sposta a vivere nella casa di Henry con il neonato che, tuttavia, è deforme e piange continuamente con versi strazianti. Poi la ragazza ritorna a casa dei genitori lasciando Henry col figlio.

Eraserhead

E così procede la storia con numerose interruzioni che si muovono nell’ambito dell’onirico sfiorando più volte alcune tinte horror. Il film, infatti, è anche un viaggio nella mente contorta e angosciata di Henry che amplifica tutto quello che lo circonda in chiave tormentata e surreale.

In questo senso il film riesce alla perfezione a trasmettere tutto il disagio in cui il protagonista sembra vivere e, in nuce, si possono già ammirare ad una elevata potenza tutti gli elementi che saranno celebri dello stile registico di Lynch. Una scenografia oscura e gotica con forti contrasti di luci e ombre che ricorda le esperienze dell’espressionismo tedesco degli anni Venti; una scrittura frammentaria, stralunata in cui si alternano dialoghi improbabili e silenzi inquietanti; soprattutto, poi, la presenza di un sonoro che sarà tratto veramente distintivo della produzione lynchana. Attraverso il sonoro, il regista originario del Montana riesce a trasmettere il clima claustrofobico in cui si muove il protagonista alternando musiche taglienti con suoni fastidiosi e dissonanti.

Non manca poi l’elemento del deforme (si diche che il neonato fosse un feto di vitello: cosa mai confermata chiaramente da Lynch) che sappiamo tornerà anche nel lavoro successivo, “The Elephant Man“. Nel rapporto tra il figlio e Henry, Lynch parla anche del suo difficile e complesso rapporto con la paternità utilizzando quindi la pellicola come filtro freudiano. Ma, del resto, tutto “Eraserhead” come molti film degli anni seguenti attingono a piene mani dal territorio del più oscuro inconscio unendo quindi queste tinte grottesche e horror insieme alla science fiction.

Infine, da dove viene il nome del titolo del film? “Eraserhead“, molto banalmente, è la testa di gomma presente sulle matite: a riguardo non manca una scena surreale in cui la testa recisa del protagonista viene presa e trasformata in tanti gommini per matite trasformandola quindi in prodotto industriale. In generale, poi, c’è anche un riferimento a una coscienza profondamente instabile e, forse, anche malata.

Tutte queste cose insieme fanno di “Eraserhead” un esordio registico folgorante e, probabilmente, anche generazionale. A tal punto che Kubrick dichiarò che, al tempo dell’uscita, era il suo film preferito e che addirittura mentre girava “Shining” durante le pause dalle riprese costringeva il cast a vederlo a ripetizione in modo da instillare angoscia e inquietudine negli attori.

E se era uno dei film preferiti di Kubrick, c’è da fidarsi.

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