La dea dell'amore Woody Allen

“La dea dell’amore”: la parodia della tragedia greca di Allen

La dea dell’amore” (“Mighty Aphrodite“) è un film del 1996 di Woody Allen. Il decennio degli anni ’90 è uno dei più complicati dal punto di vista creativo del regista newyorchese, tuttavia questo lavoro si assesta sopra la media insieme a “Pallattole su Broadway“, per esempio, ma al di sotto di quel capolavoro che è “Harry a pezzi“.

Amanda (Helena Bonham Carter) convince il restio marito Lenny (Woody Allen) ad adottare un bambino. I due s’innamorano fin da subito del nuovo arrivato che, crescendo, spicca per intelligenza e perspicacia. A un certo, però, Lenny diventa curioso riguardo la madre biologica del figlio e allora si mette sulle sue tracce nel tentativo di poterla incontrare. Dopo alcune ricerche riesce a trovarla e lei si rivela essere una giovane attrice porno, molto ingenua e sempliciotta.

Tuttavia Lenny – mentre la moglie Amanda sta vivendo un momento di dubbio riguardo il loro matrimonio – si affeziona al caso della giovane Linda facendola uscire dal giro della prostituzione e cercando di indirizzarla verso uno stile di vista onesto. Linda, dapprima diffidente, si lega molto a Lenny e lo vede sempre di più come una guida imprescindibile: lui evita ogni tipo di relazione con lei fino all’ultima notte in cui si vedono prima che lei inizi una nuova vita. I due fanno l’amore e il finale della storia, come spesso succede, lascia spiazzato lo spettatore per l’assurdità delle circostanze.

Allen realizza così una commedia ben scritta (non a caso è stato nominato all’Oscar per la miglior sceneggiatura originale), lineare e dallo stampo classico: nessun capolavoro, ma qualcosa che supera sicuramente la sufficienza. Lui stesso sembra molto calato nella parte – sì, è vero, è sempre lo stesso ruolo, ma se i confini tracciati sono quelli giusti allora ci sta molto bene – e Mira Sorvino interpreta alla perfezione la parte della prostituta completamente ingenua e svampita a cui non si può non volere bene. La sua interpretazione le è valso l’Oscar come migliore attrice non protagonista. Rimane in ombra, invece, una giovane Bonham Carter.

La dea dell'amore Allen

L’altra cosa da mettere decisamente in evidenza è il fatto che tutto il film è una parodia della tragedia greca. Ovviamente una parodia talmente capovolta che di tragedia non c’è proprio nulla: anzi, è presente anche la comicità più bassa. Allora Allen, in diversi tratti, rappresenta proprio una sorta di teatro greco con il coro e il corifeo che commentano e guidano le sue azioni. Vengono più volte citati il mito di Edipo (e la storia stessa dell’adozione ricorda vagamente quella vicenda), la profetessa Cassandra e l’indovino cieco Tiresia.

Per di più, spesso, c’è una sovrapposizione tra i due momenti (la storia in sé e le buffe parole del coro): come quando il corifeo irrompe nella scena e discute con Allen riguardo quello che sta facendo. Non mancano, poi, altri elementi tipici come l’uomo che si atteggia a dio peccando di hybris e il finale col deus ex machina.

Però, ecco, rimane una ripresa in chiave parodica della tragedia greca senza troppe pretese: resta un arricchimento creativo della vicenda, senza aggiungere niente di essenziale dal punto di vista del significato.

Insomma, tra le fasce di valutazione dei film alleniani, questo si posiziona in quelli riusciti, non eccezionali, ma comunque ben sopra la sufficienza. E all’interno non manca mai qualche battuta comica, memore del primo periodo alleniano da creatore di gag, che spesso vale da sola il prezzo del biglietto.

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