“Fargo” (1996) è uno dei capolavori dei fratelli Coen, ma è anche uno dei capolavori del cinema, in generale. Afferrarlo concretamente e completamente è impresa difficile: si può solo ammirarne i singoli frammenti e provarne a dare un senso in generale, perché un senso unico e univoco non c’è.
La trama è presto detta. Jerry Lundegaard (William H. Macy) è un venditore di automobili che progetta di far rapire la moglie per poi, in combutta con i rapitori, chiedere un cospicuo riscatto al ricco suocero. Si dirige così a Fargo, nel Nord Dakota, per prendere accordi con i due rapitori che si rivelano essere due criminali da strapazzo (Steve Buscemi e Peter Stormare). Il piano va nel peggiore dei modi possibili e sulle tracce del misfatto si mette la giovane ma tenace poliziotta Marge (Frances McDormand).
Difficilissimo racchiudere questo film dentro un genere specifico. Si potrebbe parlare di tragicommedia, ma anche ovviamente di noir o thriller. Quello che è certo è che rappresenta probabilmente l’apoteosi del cinema dei Coen fondendo una trama da crap movie con il loro classico timbro che si muove tra l’umoristico e il grottesco.

Riprendendo un altro grande cineasta come Alfred Hitchcock, si potrebbe parlare anche per questo film di “effetto MacGuffin“, ossia quel tipo di espediente narrativo secondo cui il film sembra andare in una certa direzione per poi cambiare completamente focus della trama (un esempio lampante è “Psycho“). In questo caso non è così evidente tale effetto, ma si può vedere in controluce: il film sembra che sia incentrato su un rapimento, mentre poi prende tutt’altra strada e la rapita, lungo l’arco della visione, viene praticamente dimenticata e lasciata su un pavimento come fosse un soprammobile.
Su tutto questo si posa lo sguardo dei Coen che è spietato e sbeffeggiante: praticamente tutti i personaggi credono di essere dei portenti in quello che fanno, ma la regia fa emergere tutta la loro goffaggine mettendoli in ridicoli. Alla fine, infatti, i personaggi principali sono persone semplici che nel tentativo di cambiare la loro vita sono disposti a ricorrere al crimine pensando di esserci tagliati, non comprendendo invece di risultare macchiettistici.
E praticamente tutti i personaggi sono uomini alla sbaraglio, solamente da compatire se non fossero dei criminali incalliti. L’unica figura che si staglia sopra tutti è quella della giovane poliziotta incinta interpretata dalla McDormand. Marge è, infatti, l’emblema del bene: una donna normale, innamorata del proprio normalissimo marito, che è incinta, ma che svolge il proprio lavoro con grande determinazione e accortezza.
La McDormand è bravissima a incarnare tutto questo riuscendo a trasmettere proprio quella naturalezza dei gesti che le ha permesso di vincere anche il suo primo premio Oscar. Veramente notevoli anche le prove di Macy e Buscemi, bravissimi a interpretare due antieroi sconfitti in partenza.

E allora farsi rapire e trasportare da questo piccolo posto sperduto tra Minnesota e Nord Dakota è molto facile, ma è anche altrettanto facile farselo sfuggire. Infatti, alla fine della visione, come abbiamo già detto, è difficile trovare un senso al tutto: probabilmente proprio perché le vicende umane, spesso, un senso non ce l’hanno. In tale senso rimbomba fortissimo il “non capisco” finale pronunciato da Marge.
Vale ancora la pena ripetere che la sceneggiatura e la regia dei Coen in questo film sono praticamente perfette (anche di più rispetto al loro livello standard che è già altissimo). Ci sono scene che per qualità tecnica valgono da sole il prezzo del biglietto. Per esempio quella in cui Marge esce di casa per andare a vedere la scena del crimine: qui è utilizzata la tecnica della profondità di campo come il migliore Orson Welles avrebbe fatto.
“Fargo” è tutto questo e molto altro. Se ne potrebbe parlare per ore, ma quello che rimarrebbe sarebbe sempre e solo una parola: capolavoro!
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