“Il vento che accarezza l’erba” (“The Wind that Shakes the Barley“) è uno dei film più importanti, ma anche più atipici del regista britannico Ken Loach. Il film ha vinto la Palma d’oro a Cannes nel 2006, anno in cui a presiedere la giuria c’era un altro importante regista come Wong Kar-wai.
Si è detto di un film atipico per Loach non perché si discosti dalla sua idea di cinema: anzi, la sua mano è sempre evidente e il suo racconto delle parti meno abbienti della società è sempre vivido. Ma perché si tratta di un film di carattere storico (non qualcosa di usuale) e perché pone il focus su una parte di storia che, in teoria, è quella opposta a quella della sua appartenenza nazionale.
Il film, infatti, tratta della guerra d’indipendenza irlandese (1919-1921) tra democratici d’Irlanda che vorrebbero dichiarare una repubblica indipendente e l’impero britannico che ancora rivendica diritti su quei territori. La storia è raccontata attraverso il punto di vista dell’Irish Republican Army, ossia quella frangia di combattenti che ha fatto la resistenza irlandese contro l’occupazione nemica.
Questa armata è guidata da Teddy O’Donovan e, dopo un momento di incertezza sull’imbracciare le armi o meno, dal fratello Damien O’Donovan (interpretato da Cillian Murphy). Con lo scorrere dei minuti (e quindi con l’alternanza di catture, agguati e uccisioni) Teddy mitiga la propria anima ribelle, mentre Damien diventa sempre più idealista e radicale nelle sue posizioni di scontro frontale con l’impero britannico.
Si arriva al compromesso tra Irlanda e Impero britannico che viene ben accolto da Teddy, ma contrastato da Damien e dagli altri democratici irlandesi puri. In questo frangente storico si apre uno dei capitoli più tristi della storia irlandese, ovvero quello della guerra civile (1922-23) tra chi appoggia il compromesso e chi vuole una Irlanda completamente libera.
In questa seconda parte si consuma il vero dramma del film: già l’orrore della guerra è qualcosa che va, sempre e in ogni caso, aldilà di ogni logica comprensione. Ma l’orrore della guerra che si consuma tra fratelli, tra quelli che fino a pochi giorni prima combattevano fianco a fianco e che sono cresciuti insieme, è qualcosa di abissale.
Ken Loach si conferma ancora una volta un narratore formidabile. La sua mano registica non è mai invadente o troppo presente in quello che mostra: lascia piuttosto parlare la storia – in questo caso una storia che è già emotivamente forte e comunicativa – senza il bisogno di interventi dall’esterno.
E se il racconto di questo particolare frangente storico poteva avere uno stile per essere efficace, il realismo di Loach è quello che riesce meglio nel trasporre la verosimiglianza degli eventi. Perché a questo film per essere tanto ben fatto e tanto comunicativo bastano queste due cose: la storia in sé (quindi una buona sceneggiatura) e un buon realismo registico. Ci sono entrambi e in maniera ottima.
Non manca poi una più che buona prova attoriale di un Cillian Murphy che stava facendo i suoi primi grandi balzi nella scena cinematografica internazionale.
Tra i tanti film di Ken Loach questo è uno di quelli da recuperare con maggiore convinzione per l’originalità e la riuscita degli esiti. Anche per chi volesse sapere qualcosa di più della particolare vicenda storica.
Per chiudere, un dettaglio interessante sul titolo. Il nome italiano è quasi una traduzione fedele del titolo inglese (“The Wind that Shakes the Barley“): quasi. “Barley”, infatti, non è “erba” ma è l’orzo. Ancora il realismo: ancora un forte contatto con la materia raccontata.
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