Scompartimento n.6

“Scompartimento n.6”: un’odissea disastrata nella campagna russa

Scompartimento n.6” (Hytti nro 6) è il terzo film del regista finlandese Juho Kuosmanen e Gran Pix Speciale della giuria a Cannes 2021. Un premio prestigioso che ha dato la meritata notorietà a un film che sa toccare i tasti giusti con i giusti tempi.

La storia è quella di una giovane ragazza finlandese che prende un treno per attraversare un pezzo di Russia e arrivare a Murmansk a visitare i petroglifi, ma anche per fuggire da una storia d’amore. Durante il viaggio condivide il suo scompartimento con un giovane minatore russo con cui all’inizio c’è un rapporto di diffidenza che, però, viene smussato a mano a mano finché i due si legano vicendevolmente.

E’ un film che si inscrive in una tradizione di cinema nordico che negli ultimi anni sta offrendo ottime pellicole e che sta tornando a far parlare di sé in modo importante. In questo lavoro, per esempio, sono evidenti i debiti stilistici e culturali verso un maestro del cinema come Andrej Tarkovskij: ad un occhio attento alcune riprese dello scompartimento che scorre non possono non ricordare alcune inquadrature del celebre “Stalker“.

Kuosmanen dimostra di avere una sensibilità registica per nulla comune riuscendo a far calare l’occhio dello spettatore perfettamente nei panni della protagonista, cioè in quelli di una ragazza un po’ sbadata che attraversa da sola la campagna russa con un treno sgangherato e popolato da losche figure.

Non c’è spazio per lirismi o per preziosismi registici e/o narrativi: la vicenda raccontata è estremamente povera e realistica. E lo specchio di tutto questo è proprio il rapporto tra la ragazza e il giovane minatore: un rapporto dapprima ruvido e scontroso, poi di comprensione e di affetto. Intensa la sequenza in cui in macchina i due vanno dalla nonna di lui in un contesto, di nuovo, di estrema indigenza.

E questo film, tra le altre cose, ci ricorda anche l’importanza del concetto del viaggio: concetto un po’ inflazionato, ma che questo film riesce a trasmettere con le note giuste. Alla fine la meta finale, ovvero i petroglifi, sono solo una grande delusione per la ragazza finlandese, che però ben presto capisce che la ricchezza di quel viaggio le è si è manifestata attraverso quello che ha trovato lungo il percorso.

La bravura del regista sta proprio nel riuscire a fare immergere lo spettatore in questa condizione di viaggiatore insieme alla protagonista con cui si vive sia un senso di paura e di allerta riguardo a dei luoghi che sono spesso bui (in senso anche letterale: sono posti in cui il sole tende a farsi vedere poco… ) sia un senso di avventura davanti a delle realtà che portano con loro una vividezza nitida.

I pochi dialoghi e i tanti silenzi che formano questa pellicola sono la soluzione giusta per calarsi dentro questo tipo d’atmosfera. Che farà rimpiangere non poco quella dimensione del treno (e dello scompartimento) come luogo d’incontro e di possibili nuovi scenari che oggi sembra purtroppo smarrita.

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